L’accordo stipulato tra Iran, Brasile e Turchia per il trasporto in quest’ultimo Paese di uranio iraniano a basso arricchimento è tanto importante non solo perché rappresenta un passo decisivo per lo sgonfiamento del caso “nucleare iraniano” ma anche per le implicazioni strategiche e geopolitiche dell’accordo.
Sul primo punto c’è anzi da dubitare che la presa mediatica “occidentale” antiiraniana sia destinata a scemare : sappiamo bene quanto la malafede assoluta di certi commentatori non sia disposta a incrinare i sordidi pretesti di una crociata ideologica.
Così i primi commenti di oltre Atlantico sono ispirati a fastidio e insofferenza per l’accordo : la Casa Bianca “resta seriamente preoccupata” e ricorda che “se non verranno rispettati gli impegni internazionali nei fatti e non solo a parole si andrà incontro a nuove sanzioni”.
Israele dal canto suo accusa apoditticamente l’Iran di avere “manipolato” Brasile e Turchia, mentre Germania, Francia e Italia (Frattini) hanno già dichiarato che l’accordo è “insufficiente”.
Che l’intesa fra Iran, Brasile e Turchia debba trovare riscontro presso l’AIEA e che la stessa sia tecnicamente migliorabile può senz’altro essere, ma la chiusura preconcetta manifestata da questi governi è veramente inconcepibile.
L’accordo, come dicevamo all’inizio, apre – o meglio consolida - nuovi scenari geopolitici : Paesi come la Turchia e il Brasile si svincolano dalle posizioni “occidentali” e dicono espressamente “no” a sanzioni e provvedimenti punitivi contro l’Iran.
L’immagine dei presidenti Lula, Erdoğan e Ahmadinejad riuniti nel vertice di Teheran trova scarsa accoglienza sui giornali e sulle televisioni nostrane, molta di più nei massmedia mondiali extra occidentali. La comunità internazionale nel suo complesso diverge ormai, e sempre più, da quella parziale presentata continuamente dagli Stati Uniti d’America, e questo potrebbe essere motivo di riflessione anche per noi.
* Aldo Braccio è redattore di Eurasia