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Il golpe in Kirghizistan, le droghe afghane e gli Stati Uniti

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Fonte: El Fondo de la cultura estratégica  http://es.fondsk.ru/article.php?id=2942

Mentre il governo provvisorio del Kirghizistan è in cerca dei conti bancari di Kurmanbek Bakiev, e Alexandr Lukashenko, con un gentile gesto, invita in Bielorussia il deposto Presidente del Kirghizistan, i bloggers moscoviti hanno pubblicato i dati su di una sensazionale scoperta. Si è riusciti a trovare la prova che dietro al golpe in Kirghizistan vi siano gli Usa e tutto l’intrigo del golpe giri attorno al transito delle droghe afghane.

Il 18 aprile l’Oriental Review (http://orientalreview.org/), blog russo in lingua inglese, ha pubblicato l’articolo dal titolo “Kyrgyzstan Destined To Become Another Narco-State?”[1]. Nell’articolo si sostiene che dall’epoca dell’apparizione delle truppe statunitensi e della NATO in Afghanistan la produzione di droghe in questo Paese è cresciuta varie volte e il Kirghizistan si è trasformato nel principale nodo di trasporto della “Grande Via dell’Eroina” (the Great Heroin Way), l’arteria di trasporto delle droghe afgane in direzione dei mercati europei e asiatici.

E’ estremamente probabile che i profitti derivanti dal narcotraffico fossero le principali fonti dell’incredibile arricchimento del clan di Bakiev durante il quinquennio della sua presidenza (2005-2010) – scrive l’autore dell’articolo. – Numerose erano le prove che l’avvento al potere di Kurmanbek Bakiev a marzo 2005 quale conseguenza della «Rivoluzione dei Tulipani», fosse finanziato e appoggiato dalla prospera mafia internazionale dei narcotrafficanti. Nell’articolo si sostiene che nell’anno 2010, così come nel 2005, gli interessi geostrategici degli Usa e della mafia dei narcotrafficanti siano nuovamente e allegramente andati a braccetto. “Era semplicemente logico per chi sta al potere in Usa utilizzare i servizi dei baroni della droga per rovesciare Bakiev che richiese agli Stati Uniti sempre maggiori ricavi per la sua lealtà.” La stessa idea è stata palesata il 16 aprile da parte di Alexandr Projanov nel corso di un programma in onda sul canale “L’Eco di Mosca”: “La rivoluzione in Kirghizistan…è una rivoluzione che era stata organizzata dai narcotrafficanti: questi ultimi rovesciarono il regime di Akaev a favore del regime di Bakiev e ora il regime di quest’ultimo a favore del regime del noto Roza. Ancora oggi il Kirghizistan continua ad essere una piazza di assoluto primo piano delle rotte del narcotraffico verso la Russia.”

La forza dei baroni del narcotraffico è incredibilmente enorme; secondo le analisi disponibili, la superficie delle aree utilizzate per la coltivazione del papavero in questo Paese sono, per dimensioni, comparabili a quelle presenti in Afghanistan e questo è un aspetto della questione. L’altro è che il Kirghizistan, con la base aerea americana “Gansi” presso l’aeroporto internazionale “Manas” di Bishkek, costituisce una importantissima base per il rifornimento delle truppe americane di stanza in Afghanistan. In terzo luogo, le organizzazioni del Kirghizistan a difesa dei diritti umani hanno dichiarato nel corso di molteplici occasioni che questa base nordamericana è divenuta un punto di scambio delle direttrici di trasporto nella rete globale del narcotraffico internazionale. Quando questa dichiarazione è stata resa per l’ennesima volta nel settembre 2009, il quotidiano di Pechino Renmin Ribao si è unito, con cautela, al parere dei difensori dei diritti umani della Repubblica centroasiatica. “Già alcuni esperti avevano rivelato le ipotesi per cui la base «Manas» in Kirghizistan possa essere utilizzata da militari stranieri per il passaggio di droga dall’Afghanistan.”

Le tesi che farebbero convergere gli interessi americani con quelli della mafia del narcotraffico internazionale nel caso del golpe in Kirghizistan, è stata confermata dall’autore dell’articolo apparso sulla Oriental Review tramite la circostanza che non sia stato segnalato, sino ad ora, in nessuna parte e avrebbe la forza di una prova materiale. Il 7 aprile, sul sito del britannico The Daily Telegraph, è apparsa una serie di immagini fotografiche[2], scattate al culmine dei sanguinosi eventi di Bishkek. In una delle foto, un combattente dell’opposizione sta sparando con una mitragliatrice Kalashnikov a fianco del principale edificio governativo. Ciò che risulta più importante tuttavia e che può essere individuato nella foto – lo HWS (holographic weapon sight) applicato all’arma AK nelle mani di un combattente dell’opposizione, è il prodotto della US L-3 Communications EOTech Corporation serie 500, prezzo al dettaglio 600 dollari ognuno (corrispondenti a quattro stipendi mensili medi in Kirghizistan).

La compagnia EOTech, creata con base presso l’Università del Michigan è stata sin dal 1996 produttrice di tali mirini olografici. In accordo con le norme degli Stati Uniti sul traffico internazionale di armi (International Traffic in Arms, ITAR) in vigore negli Usa, la vendita e l’esportazione di questo tipo di armamenti richiederebbe una licenza rilasciata dal Dipartimento di Stato e del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. In seguito ai test effettuati, una partita limitata di mirini olografici era stata inviata alle forze in Afghanistan e una ulteriore piccola quantità alla polizia americana. Il modello non è mai stato esportato ufficialmente né in Kirghizistan né in Russia; dunque le mitragliatrici AK munite dei mirini di produzione americana non potevano essere utilizzate dai combattenti delle formazioni speciali del Kirghizistan dopo, ad esempio, i disordini.

Di conseguenza la foto sul Daily Telegraph costituisce una prova che la ribellione armata in Kirghizistan sia stata alimentata da basi militari Usa presenti in Afghanistan o nello stesso Kirghizistan. Si suppone che tutto ciò sia stato commesso in violazione della normativa sul commercio internazionale di armi e della legge americana sul controllo dell’esportazione di armi. Tuttavia, come ci si è resi conto, il gioco valeva la candela. Soltanto durante i primi sei anni dell’occupazione nordamericana dell’Afghanistan (2001-2007), la produzione di oppio in questo Paese è cresciuta di più di quaranta (!) volte, passando da 185 a 8200 tonnellate per anno. E’ inoltre poco probabile che ci sbagliamo nel supporre che in direzione di Afgano-Kirghiza stiano maturando sviluppi di primo piano.

(Traduzione di Alfonso Arpaia)


[1] http://orientalreview.org/2010/04/18/kyrgyzstan-destined-to-become-another-narco-state/

[2] http://www.telegraph.co.uk/news/picturegalleries/worldnews/7563698/Kyrgyzstan-unrest-in-pictures-state-of-emergency-declared-in-Bishkek-after-revolt.html?image=19

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